Siamo tutti creatori, lo siamo per natura. Ma anche se la creatività è il presupposto perché ci sia innovazione, si tratta di due momenti distinti, con obiettivi e caratteristiche profondamente diverse. E poi c’è innovazione e innovazione. Vieni a scoprirlo con me.
Creatività e innovazione
La creatività libera il potenziale della mente per concepire nuove idee. L’innovazione è il lavoro necessario per rendere realizzabile quell’idea.
Senza creatività non può esistere innovazione, ma si tratta di due momenti distinti, con obiettivi e caratteristiche profondamente diverse.
Per definizione, la creatività è un atto libero e destrutturato. Ha bisogno di spazio fisico e mentale, così come di tempo vuoto e di confronto, che consenta di abbracciare le diversità e di lasciarsi contaminare.
L’innovazione invece è un processo, si sviluppa attraverso una serie di passi definiti e sequenziali, che, se seguiti con rigore, ti portano a realizzare il potenziale della tua idea.
Perché se è vero, come è vero, che il mondo si cambia con la forza delle idee, non tutte le idee possono diventare un business, e ancora di meno di successo. Il linguaggio dell’innovazione ti abilita a capire se è possibile in modo economicamente sostenibile.
L’obiettivo è di minimizzare il rischio di sprecare risorse. Ti mette dunque nelle condizioni di sbagliare di meno.
Kleptomnesia e pensiero divergente
Non ho particolari talenti. Sono solo appassionatamente curioso. – Albert Einstein
A dire il vero, l’innovazione non è l’unica strada possibile per avere successo. Anni fa gli psicologi hanno scoperto che ci sono due modi per raggiungere il successo: il conformismo e l’originalità.
Il conformismo consiste nel seguire la massa e le convenzioni. L’originalità invece sfida lo status quo, imbocca la strada meno trafficata e propone idee nuove che si oppongono al sentire comune.
E che, alla fine, si rivelano sempre essere le migliori.
Per dirla tutta, nulla è mai davvero originale, perché tutte le idee sono influenzate da ciò che osserviamo. L’ispirazione scaturisce sempre da un contesto, si può dire che prendiamo tutti in prestito i pensieri altrui.
Siamo tutti vulnerabili alla Kleptomnesia: il fenomeno per cui identifichiamo come nostra un’idea di qualcun altro. Oggi più che mai, sommersi come siamo da risposte, in un mondo sovraffollato di idee.
Ma ciò che cambia (e cambia tutto) è l’intenzione: il conformista lo fa con l’intenzione di copiare, di replicare pedissequamente il pensiero e l’azione di altri.
L’innovatore invece parte da un’idea relativamente insolita e cerca il modo di migliorarla, applicando il pensiero divergente. Un modo che, come sosteneva J.P. Guilford, possieda anche tratti di originalità e fluidità.
Falsi miti di progresso
L’innovazione prende sempre le mosse dalla creatività e dalla generazione di un’idea che sia nuova e utile ma fa un passo in più:
prende l’iniziativa di trasformare la propria visione in realtà, applicando un linguaggio specifico, conosciuto come design thinking, di cui Tim Brown, di IDEO, è considerato il padre.
Potenzialmente siamo tutti innovatori perché tutti siamo capaci di un pensiero originale, e in particolare lo sono i multipotenziali.
L’innovazione si estrae ai bordi, si fa ai confini tra le discipline. E proprio perché queste persone manifestano interessi e passioni apparentemente inconciliabili, possono creare una sintesi nuova e davvero originale.
Non sono gli esperti, né i bambini prodigio, e nemmeno coloro che sono eccessivamente finalizzati al successo ad esserne naturali portatori.
Un altro mito da sfatare riguarda la presenza di contenuti altamente tecnologici. La tecnologia è sicuramente un potente fattore abilitante di innovazione, ma ogni pilastro che compone il modello di business di ogni impresa, così ben rappresentati nel Business Model Canvas, può essere innovato.
Anzi, per certi versi, è proprio qui che si può agire l’innovazione più potente e pervasiva, perché chiunque abbia un business ne agisce uno, che ne sia consapevole o meno. E per questo è alla portata di tutti.
I due diversi tipi di innovazione
Esistono due tipi diversi di innovazione, che ne definiscono confini, focus e impatto.
Innovazione delle soluzioni
Si tratta di trovare idee nuove che risolvano un problema esistente. Si manifesta come un miglioramento incrementale:
di fatto, introduce un nuovo COME, senza rimettere in discussione il perché del problema.
È il caso della rivisitazione di un prodotto o servizio esistente, migliorandone le funzionalità ad esempio: il campo di applicazione più conosciuto del designer.
Questo tipo di innovazione è la più diffusa e praticata: parte dall’osservazione del contesto, identifica dei problemi risolti marginalmente e, applicando il pensiero abduttivo, ti mette nelle migliori condizioni di creare un business sostenibile.
Crea valore, sicuramente, ma difficilmente è foriera di un cambiamento significativo.
Innovazione di significato
L’innovazione di significato fa un passo in più poiché rimette in discussione la natura del problema:
porta l’attenzione sul PERCHÈ le persone dovrebbero decidere di spendere dei soldi per acquistare una data soluzione. Non si ferma in superficie ma scende più in profondità.
Un perché che disegna una nuova direzione, una interpretazione originale di ciò che è rilevante e significativo per il mercato. Qualcosa di cui le persone si possano innamorare e che crei un valore destinato a durare nel tempo.
Il presupposto è che le persone non siano mosse da bisogni ma da uno scopo, non solo utilitaristico e funzionale ma che ne accresca il valore come persona.
Entrambi i tipi di innovazione creano valore ma questo secondo approccio può essere davvero rivoluzionario.
Ne sono un esempio Airbnb, che ha rivisto completamente il modo di pensare l’ospitalità e di vivere l’esperienza di un luogo da visitare.
O anche Uber, che ha spostato il focus della scelta di un taxi dall’azienda al guidatore. O Zipcar, che ha stravolto il significato e il valore del possedere un’auto, così caro alla mia generazione.
E poi ci sono IKEA, Apple, Spotify: ancora una volta, non solo imprese tech-driven perché nessuna tecnologia ci può restituire il senso profondo delle cose, siamo solo noi a poterlo fare.
E dunque, se lo vuoi, lo puoi fare anche tu.
Il mondo è cambiato, c’è da ridisegnare il mondo
Concentrati su ciò che ti rende felice e fai ciò che dà significato alla tua vita. – Barry Schwartz
Come avrai compreso, l’innovazione che amo è quella di significato. In primo luogo perché in un mondo che è tutto da ricostruire, occorre trovare un nuovo senso, una direzione che sia portatrice di nuovi significati.
Un’urgenza dettata anche da una pervasiva infelicità in cui siamo immersi, che ci invita a ripartire da una visione olistica dell’uomo e dai valori che ci muovono e danno un senso al nostro agire.
Una Visione che abbia la persona al centro e che aiuti a ritrovare quella connessione con le nostre emozioni che abbiamo perso, presi dal fare e da una cultura del risultato a tutti i costi.
E poi, in un mondo sovraffollato di risposte, con barriere tecnologiche inesistenti e in continuo cambiamento, questa è la via maestra per potersi davvero differenziare.
Sia chiaro, non esiste un’innovazione migliore di un’altra, tutt’altro:
la grande sfida che ci attende non è di scegliere tra i due tipi di innovazione, è di saperle agire entrambe, con la consapevolezza che siamo tutti creatori di doni e che, come dice Roberto Verganti, non si possono rinnovare le cose se prima non si è capaci di rinnovare se stessi.
Meritiamo tutti di essere felici e alla fine, è una questione di amore. Che amore sia.
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